Chi possiede una seconda casa e vorrebbe metterla a reddito, potrebbe trovare una persona affidabile per affittare l’immobile. Quale contratto d’affitto scegliere: quello a canone libero oppure a canone concordato? In entrambi i casi, si possono ottenere le agevolazioni fiscali.
Contratto d’affitto a canone libero
La definizione di contratto d’affitto a canone libero è riferita alla libertà all’importo sul canone d’affitto. Nello specifico le parti in causa sono libere di decidere in modo autonomo l’importo del canone d’affitto che l’inquilino deve corrispondere al proprietario dell’immobile. È la tipologia di contratto più diffusa.
Se il canone è scelta libera tre le parti in causa, la stessa cosa non vale per la durata minima. Questa infatti è stabilita per legge e prevede quattro anni iniziali e altri quattro in virtù del rinnovo automatico.
Ci sono dei casi specifici in cui il rinnovo automatico dopo la scadenza dei primi quattro anni non avviene, ossia:
- nel caso in cui, come da contratto, l’inquilino può avvalersi del diritto di recesso, comunicandolo al proprietario dell’immobile almeno sei mesi prima. Se il recesso è legittimo, il proprietario potrà chiedere e ottenere il risarcimento del danno in base all’importo dei canoni non percepiti;
- nel caso in cui è il proprietario dell’immobile a comunicare la disdetta con sei mesi di anticipo rispetto alla scadenza del contratto.
Contratto d’affitto a canone concordato
Un contratto d’affitto a canone concordato prevede una durata non inferiore a tre anni. In questo caso, la proroga dopo la scadenza è biennale.
Come determinare il valore del canone? In base agli accordi territoriali tra le organizzazioni dei proprietari e quella degli inquilini o conduttori.
Si stabiliscono con questi ultimi le fasce minime e massime del prezzo d’affitto casa in base a dove è posizionata l’abitazione. A influire sul prezzo vi sono ovviamente anche fattori legati alla presenza in tali aree di trasporti, verde pubblico, infrastrutture, ecc.
Se l’amministrazione comunale non ha provveduto a stipulare tale accordo, il Decreto Ministeriale 14 luglio 2004 afferma che:
- viene applicato l’accordo in essere del Comune più vicino con un numero di residenti uguale o vicino;
- se l’accordo precedentemente stipulato non è stato rinnovato, verranno prese in considerazione le fasce del vecchio accordo, incrementate in base alle variazioni ISTAT.
canone concordato: le condizioni
A parte la durata e la quantificazione del canone, possono essere eventualmente modificate le altre condizioni del contratto. Modifiche permesse dato che si tratta sempre di un contratto tra privati, passibile quindi di modifica in base agli interessi dei due contraenti.
Il problema è che se le modifiche alterano l’assetto dei reciproci interessi precostituito nel modello, non si potranno richiedere le agevolazioni fiscali. In questo caso infatti il modello tipico di contratto d’affitto a canone concordato decade e, di conseguenza, il contratto stesso rientra nella categoria di canone ordinario.
Negli ultimi anni, il canone concordato ha attirato maggiore attenzione da parte delle istituzioni. Infatti, nell’ultima Legge di Bilancio è prevista una proroga della cedolare secca sul canone concordato al 10%, oltre che una riduzione della Tasi e dell’Imu.
Per chi non lo sapesse, la cedolare secca è stata introdotta per limitare parecchio gli affitti in nero. L’aliquota al 10% venne introdotta dal “Decreto Lupi”, noto anche come “Piano casa”.